L'arte nella storia (Bollati Boringhieri) by Martin Kemp

L'arte nella storia (Bollati Boringhieri) by Martin Kemp

autore:Martin Kemp [Kemp, Martin]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2015-10-10T22:00:00+00:00


50. Jean-Auguste-Dominique Ingres, Odalisca con la schiava, olio su tela, 1839-40, Cambridge (Mass.), Fogg Art Museum.

Come si concilia l’aria esotica dell’odalisca con la devozione proclamata da Ingres verso l’antichità classica? Una traccia ci viene dalle lettere di lady Mary Wortley Montague, moglie dell’ambasciatore inglese alla corte di Turchia, che così descrive ciò che vide nel 1717 in un bagno turco:

I divani davanti erano ricoperti di cuscini e tappeti preziosi; vi sedevano le signore. Su quelli della seconda fila, dietro la prima, stavano le serve; tuttavia il loro modo di vestire non lasciava riconoscere alcuna distinzione di rango, poiché erano tutte nello stato di natura... eppure nessuna di loro accennò anche solo un sorriso licenzioso o un gesto indecoroso. Camminavano e si muovevano con la stessa grazia maestosa che Milton descrive a proposito della Madre di tutti noi [Eva]. Tra loro molte avevano forme altrettanto proporzionate delle dee disegnate dalla matita di Guido [Reni] o di Tiziano, e quasi tutte avevano la pelle di un bianco luminoso. Il loro unico ornamento erano i meravigliosi capelli, divisi in tante ciocche guarnite di perle e di nastri e riversati sulle spalle, come a voler offrire una rappresentazione perfetta delle Grazie.

Quella che viene qui presentata è un’immagine di innocenza erotica, libera dal senso di colpa cristiano legato alla «caduta dell’uomo» nei giardini dell’Eden. Le lettere di lady Mary furono pubblicate nel 1763. L’argomento dell’innocenza turca ha tutta l’aria di un’acrobazia retorica. A ogni modo fu questo genere di sguardo sulle culture esotiche a indurre Ingres a ritenere che esse rivelassero le stesse verità senza tempo proprie dell’arte del disegno lineare. In termini generali, questa è una visione romantica.

Qualunque discussione intorno a Ingres come artista «neoclassico» non può non chiamare in causa il suo rivale dichiaratamente «romantico», Eugène Delacroix. Di certo i due si consideravano avversari, benché con una certa magnanimità, comunque non priva di riserve, da parte di Delacroix. Quanto alla scelta dei temi, abitavano nello stesso territorio e i loro gusti s’incontravano in più punti. Entrambi amavano Raffaello e Mozart; entrambi erano attratti dall’orientalismo. La loro differenza riguardava il modo in cui l’artista, inteso come colui che si esprime attraverso lo stile, possa aspirare a comunicare dei valori, e quali siano tali valori. Alle eterne verità lineari di Ingres, Delacroix oppose il fuoco cromatico, inteso come mezzo di comunicazione tra l’anima dell’artista e quella dello spettatore. Delacroix era disposto a viaggiare nel regno della melanconia, della disperazione, della paura, della violenza. Dai suoi brillanti Diari, che furono pubblicati postumi, apprendiamo che la lotta eroica che Michelangelo aveva ingaggiato con la condizione umana tornò a essere importante. I suoi scritti sono un diario della sua vita interiore e delle sue passioni artistiche (in ambiti assai ampi, che includono anche la musica e il teatro): una sorta di confessionale del piacere e della sofferenza, profondamente umano, cui Ingres non avrebbe mai potuto accedere.

Da giovane Delacroix riscosse più di un succès de scandale. Nel caso della Morte di Sardanapalo, esposto al Salon nel 1827-28, l’accento cade sullo «scandalo».



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